Io ho imparato qualche cosa dalla vita?

Siamo nel 1975 e Woody Allen deliziava il pubblico al cinema con uno di quei monologhi che sarebbero entrati di diritto nella storia del cinema a scolpire la sua originale e profondissima comicità.. Delicious!



Una canzone - Francesco Guccini

Il mio primo link condiviso su delicious!! A volte mi chiedo cosa possa fare una canzone, come possa essere utile, quali corde possa toccare... sì, insomma, cose di questo genere... Sono un po' sdolcinato come persona e ho sempre un po' la testa fra le nuvole.. Cooomunque, per fortuna c'è Guccini che lo spiega in maniera magnifica con questa poesia..


Assignment 4: Social bookmarking

Condividere link, che bello!! Ok, forse ho messo troppo entusiasmo… boh, non lo so.. Sta di fatto che ho trovato delicious un oggetto molto molto interessante! A parte il fatto che il nome da solo vale la pena, ma per il resto l’idea dei Social Bookmarking è semplice ma vincente. Personalmente ho dei problemini  di scelta, perché mi è difficile scovare dei link degni di essere ricordati. Ma in fondo l’ho scoperto solo oggi.. Nei prossimi giorni vedrò di sbizzarrirmi con questo nuovo strumento!

Il marketing del farmaco

Che cos'è che io non so quando mi siedo davanti al mio medico generico ed ho un problema di salute?” questa è la domanda che Paolo Barnard rivolge, in un suo servizio, alla persona davanti alla telecamera; “Lei non sa che prima di lei sono passato io”: con questa risposta si apre una delle puntate più interessanti di Report, intitolata non a caso Il marketing del farmaco, che mette in luce alcuni degli aspetti più sconosciuti della dialettica fra il medico e le varie case farmaceutiche. La persona intervistata da Barnard è infatti un informatore scientifico, cioè un rappresentante che lavora alle dipendenza di una casa farmaceutica e che dovrebbe informare il medico su come si prescrivono e si usano i nuovi farmaci lanciati sul mercato. L'approccio dell'informatore nei confronti del medico non è però sempre professionale e può accadere che quest'ultimo venga “coccolato” (questo è il termine utilizzato dall'intervistato) con il fine di prescrivere un certo farmaco rispetto ad un altro concorrente. In pratica il medico, in cambio di alcuni favori, prescrive ai propri pazienti il farmaco della ditta rappresentata dall'informatore invece che un altro: questa pratica, che prende il nome di comparaggio, in Italia è illegale poiché viola, fra l'altro, anche l'articolo 32 della Costituzione, che sancisce la completa libertà di trattamento per medico e paziente: sebbene non sia una pratica diffusa, riesce però a falsare ingentemente il mercato del farmaco nostrano. Tale pratica non porta necessariamente ad una terapia peggiore e quindi a dei danni per il paziente, ma certamente influisce sugli interessi economici delle singole ditte e quindi sul mercato dei vari farmaci. Ma perché i rappresentati non possono solo limitarsi a presentare il nuovo farmaco senza procedere oltre i limiti della legalità? La risposta viene offerta dal noto farmacologo Silvio Garattini, che spiega come i rappresentanti siano stipendiati in base delle scatole di farmaci vendute: se sommiamo a ciò il fatto che il dialogo fra il medico e l'informatore avviene in una stanza chiusa, senza dei testimoni, ecco che allora si creano tutti i presupposti affinché il comparaggio sia oltremodo facilitato. Ma allora, se il rappresentante è vincolato dal contratto, dall'altra parte perché un medico dovrebbe rischiare di rovinarsi la carriera per prescrivere poche decine di scatole di farmaci in più? Le case farmaceutiche sono enormemente ricche e possono permettersi di fare costosi regali non solo ai medici, ma anche agli ospedali: non è raro, come viene mostrato nel video, che le case farmaceutiche regalino interi macchinari diagnostici ai vari reparti degli ospedali. Non solo: alcuni medici, quelli con la più alta “resa prescrittiva”, vengono utilizzati come veri e propri sponsor dalle case farmaceutiche per il lancio di un nuovo farmaco. Si parla in tal caso di medici fidelizzati alla casa farmaceutica che diventano un mezzo di guadagno per le ditte. Per fidelizzare un medico l'arma utilizzata dagli informatori è quella del congresso: la casa farmaceutica fornisce al medico la possibilità di partecipare a importanti congressi in tutto il mondo in cambio delle suddette prescrizioni. Tutti gli anni questi informatori prenotano un certo numero di posti nei più rilevanti meeting mondiali sulla medicina e li utilizzano come premio nei confronti del medico fidelizzato oppure come merce di scambio: si tratta sempre di congressi costosi (circa 2000 euro ciascuno) in famose località balneari o turistiche (Il Cairo, Salvador De Baìa e la Sardegna, solo per citarne alcuni). La domanda resta però irrisolta: perché mai il medico dovrebbe cadere nelle tentazioni delle ditte farmaceutiche, in fin dei conti solo per un congresso? Ebbene non stiamo parlando solo di un congresso: la ditta farmaceutica può arrivare in alcuni casi addirittura a sponsorizzare le ricerche e gli studi di alcuni medici e grazie a ciò possono tenere loro stessi dei congressi e stands sulle proprie ricerche, tutto a spese della casa farmaceutica. In Italia i soldi per la ricerca scientifica sono sempre più scarsi e la proposta delle ditte diventa quindi molto allettante per un medico che voglia portare avanti le proprie analisi nel nostro paese. In tutto questo processo è la comunità che per prima ci rimette, non tanto dal punto di vista sanitario, quanto da quello pecuniario. I soldi spesi per mandare i medici in congressi nei paesi più disparati del mondo sono infatti gran parte denaro pubblico, poiché la fetta più grande di profitto per le case farmaceutiche arriva dai farmaci in fascia A, cioè quelli rimborsati dallo Stato.
Questo meccanismo è solo un esempio che serve ad evidenziare come anche il medico più serio possa essere risucchiato dal vortice indotto dalle ditte farmaceutiche; i medicinali non sono una merce qualsiasi e non dovrebbero essere oggetto di attività speculative, come invece frequentemente avviene nella nostra società. L'esempio più evidente è dato dalla questione dei brevetti: come sapete da alcuni anni sono stati messi a disposizione nelle farmacie italiane i farmaci generici o equivalenti, identici per composizione e uso a quelli di marca, ma decisamente meno costosi. I farmaci generici sono anche bioequivalenti, cioè hanno lo stesso valore terapeutico del corrispondente farmaco originario. In Italia i farmaci generici devono costare almeno il 20% in meno rispetto al farmaco di marca, secondo le disposizioni dell'Aifa, l'agenzia del farmaco. Su scala mondiale, fino al 1996, non tutti i paesi riconoscevano i brevetti riguardo ai farmaci e potevano quindi riprodurne una copia generica da distribuire alla popolazione, con conseguente grave perdita per le grandi case farmaceutiche. Dal '96 l'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) ha imposto a tutti gli stati membri il riconoscimento dei brevetti farmaceutici e da quel momento in poi il dominio delle grandi lobby non ha trovato più ostacoli. I responsabili difendono quell'accordo citandone un particolare articolo, che prevede la sospensione delle sanzioni sulla copia di farmaci brevettati in caso di emergenza sanitaria nei paesi poveri; tale articolo non viene quasi mai rispettato a causa di minacce più o meno velate da parte delle grandi aziende del farmaco. Analizziamo ad esempio la situazione della Repubblica Dominicana, dove gran parte della popolazione è colpita da AIDS: il farmaco antiretrovirale più efficace attualmente è l'Indinavir, prodotto dalla statunitense Merck, che a Santo Domingo costa circa un quarto dello stipendio medio di un operaio dominicano: la popolazione è in gran parte povera e non può permettersi di comprarlo. Una casa farmaceutica locale, la Rowe, ha prodotto un farmaco equivalente che costa cinque volte meno dell'Indinavir e lo ha messo in commercio, scatenando l'immediata denuncia della Merck. Ma perché il governo dominicano non ha immediatamente decretato lo stato di emergenza sanitaria? La Repubblica Dominicana è in stretti rapporti di dipendenza economica con gli USA, che lì hanno costruito numerosi stabilimenti industriali per utilizzare la manodopera a basso costo; le industrie producono così a prezzi ridotti e, d'altra parte, circa due milioni di giovani riescono a trovare un lavoro. Dopo lo scandalo dei farmaci molte industrie hanno minacciato di ritirare la proprie fabbriche dal territorio dominicano, lasciando così la popolazione in condizioni d'indigenza. Inoltre l'allora segretario di stato americano Madeleine Albright inviò all'ambasciata americana a Santo Domingo un documento molto chiaro: “Sappiamo che il governo dominicano si sta consultando con un esperto assai critico delle regole sui brevetti: egli sostiene che quelle regole rischiano di mantenere alti i prezzi dei farmaci. Gli Stati Uniti considerano tale dichiarazione molto preoccupante.” Il documento invitava espressamente il governo dominicano a prendere contatto con due esperti, segnalati dagli USA, per le leggi sui brevetti: ecco quindi spiegato i motivi del silenzio. Il dibattito a distanza fra Rowe e Merck è proseguito nel frattempo senza sosta: l'avvocato difensore della Merck afferma proprio ai microfoni di Barnard che “la proprietà privata deve essere inviolabile, che uno sia ricco o povero. Nessuno ha il diritto di violare la proprietà privata di un'invenzione, come ad esempio un farmaco.” Inoltre, afferma sempre l'avvocato, esistono farmaci non più sotto brevetto che possono essere riprodotti e inseriti in commercio. Se sulla prima affermazione si possono avere opinioni diverse, su quest'ultima c'è ben poco da essere d'accordo: il brevetto sui farmaci scade dopo vent'anni dall'immissione in commercio, ma l'AIDS è stata scoperta nel 1981 e i primi cocktail antiretrovirali sono stati sperimentati solo nel '95, quindi non sono ancora passati vent'anni. Tutto ciò, poi, non tiene conto del fatto che farmaci di vent'anni fa sono certo meno efficaci dei moderni farmaci e ciò spiega anche il perché oggi non si utilizzano più.
Ma la popolazione cosa può fare di fronte a ciò? In Inghilterra un'anziana signora, scoperto che parte dei propri fondi pensione erano investiti in alcune multinazionali farmaceutiche che si rifiutavano di aiutare le popolazioni del Terzo Mondo, ha semplicemente fatto una telefonata al gestore dei propri investimenti e ha bloccato il proprio contributo alla GlaxoSmithCline, ditta inglese fra le più influenti al mondo. Grazie al Pension Act, una legge che prevede la pubblicazione, da parte dei gruppi di investimento inglesi, delle società finanziate con i soldi dei contribuenti, si sono uniti alcuni migliaia di pensionati, che hanno infine piegato il colosso, costretto a lanciare una campagna di vaccinazioni in alcuni paesi poveri. La strada è certo ancora molto lunga ma dobbiamo capire che solo noi possiamo cambiare lo stato attuale delle cose.

Ps: i video delle puntata sono tutti su YouTube. Qui per sintesi ho pubblicato solo la prima di sette parti.. enjoy!

Assignment 3: coltivare le connessioni

Vorrei partire da una frase: “è difficile affrontare il nuovo, è difficile comunicare il nuovo”. Giustissimo, senza ombra di dubbio questo è sempre stato uno dei problemi più complessi a livello storico. Internet, inoltre, date le sue straordinarie potenzialità, è una sorta di “nuovo che rinnova sé stesso”, una specie di serpente leggendario che muta quando meno te l’aspetti. Basta un’intuizione, una domanda, spesso un vezzo e il web può cambiare radicalmente. Internet è sicuramente l’invenzione che più di tutte potrebbe essere capace di unire gli uomini da un capo all’altro del mondo. Ovviamente in un mare così vasto come quello della rete bisogna stare attenti. Internet sì rende le persone intellettualmente libere, ma spesso questa libertà è soltanto una chimera, non trattandosi tanto di una “libertà di” ma una “libertà da”. E spesso neanche quella. La rete è controllata ad un livello che il singolo utente medio nemmeno immagina e ciò è legittimo da una parte per fare ordine e mettere delle regole, ma è sempre necessario fare attenzione. In sintesi, che Internet sia il passato (molto prossimo), presente e futuro della comunicazione ci sono pochi dubbi, ma occhio a come viene usato! Per coltivare le connessioni, per aprirsi agli altri, serve tanta curiosità e una potente capacità di mettersi in gioco. Un oggetto di cristallo, per quanto bello, messo in mano ad un bambino si può rompere con facilità! Sì, Orwell avrebbe obiettato il fatto della metafora, ma mi piaceva troppo!! :)

"... e sorridevi, e sapevi sorridere..."



.. E sorridevi e sapevi sorridere coi tuoi vent' anni portati così,
come si porta un maglione sformato su un paio di jeans;
come si sente la voglia di vivere che scoppia un giorno e non spieghi il perchè:
un pensiero cullato o un amore che è nato e non sai che cos'è.

Giorni lunghi fra ieri e domani, giorni strani,
giorni a chiedersi tutto cos' era, vedersi ogni sera;
ogni sera passare su a prenderti con quel mio buffo montone orientale,
ogni sera là, a passo di danza, a salire le scale
e sentire i tuoi passi che arrivano, il ticchettare del tuo buonumore,
quando aprivi la porta il sorriso ogni volta mi entrava nel cuore.

Poi giù al bar dove ci si ritrova, nostra alcova,
era tanto potere parlarci, giocare a guardarci,
tra gli amici che ridono e suonano attorno ai tavoli pieni di vino,
religione del tirare tardi e aspettare mattino;
e una notte lasciasti portarti via, solo la nebbia e noi due in sentinella,
la città addormentata non era mai stata così tanto bella.

Era facile vivere allora ogni ora,
chitarre e lampi di storie fugaci, di amori rapaci,
e ogni notte inventarsi una fantasia da bravi figli dell' epoca nuova,
ogni notte sembravi chiamare la vita a una prova.
Ma stupiti e felici scoprimmo che era nato qualcosa più in fondo,
ci sembrava d' avere trovato la chiave segreta del mondo.

Non fu facile volersi bene, restare assieme
o pensare d' avere un domani e stare lontani;
tutti e due a immaginarsi: "Con chi sarà?" In ogni cosa un pensiero costante,
un ricordo lucente e durissimo come il diamante
e a ogni passo lasciare portarci via da un' emozione non piena, non colta:
rivedersi era come rinascere ancora una volta.

Ma ogni storia ha la stessa illusione, sua conclusione,
e il peccato fu creder speciale una storia normale.
Ora il tempo ci usura e ci stritola in ogni giorno che passa correndo,
sembra quasi che ironico scruti e ci guardi irridendo.
E davvero non siamo più quegli eroi pronti assieme a affrontare ogni impresa;
siamo come due foglie aggrappate su un ramo in attesa.

"The triangle tingles and the trumpet plays slow"...

Farewell, non pensarci e perdonami se ti ho portato via un poco d' estate
con qualcosa di fragile come le storie passate:
forse un tempo poteva commuoverti, ma ora è inutile credo, perchè
ogni volta che piangi e che ridi non piangi e non ridi con me...

Going electric

Newport, 1965: una selva di fischi sommerge Bob Dylan all’uscita dal palco. Dopo appena 3 canzoni, tutte pesantemente contestate, il cantautore del Minnesota sceglie di abbandonare il palco con un categorico:
“Let’s go man, that’s all.”
Tutto ciò accadde 24 anni dopo la nascita di uno degli artisti che più avrebbero influenzato la scena musicale mondiale. Nonostante la giovane età Dylan aveva già collezionato una serie di album di successo, entrando nel cuore di milioni di persone con canzoni come Blowing in the wind e Masters of War. Dal suo pubblico era identificato come il menestrello con chitarra e armonica, difensore degli oppressi della società, e ciò che ci si aspettava da lui era questo e niente di più; questa maschera che gli avevano cucito addosso si sgretolò di fronte alla vista di un Dylan che imbracciava una chitarra elettrica.
Robert Allen Zimmerman calcò per la prima volta le strade di New York nel gennaio del 1961, per incontrare il suo idolo Woody Guthrie; da quel momento assumerà lo pseudonimo di Bob Dylan, in onore di Dylan Thomas, poeta inglese di inizio ‘900. Pochi mesi dopo salì alle luci della ribalta grazie alla sua apparizione alla marcia per i diritti civili di Washington, dove suonò con miti della musica folk quali Joan Baez , con cui avrà anche una relazione, e Pete Seeger. Il suo stile semplice e spontaneo attirò subito l’attenzione del grande pubblico e il favore dei critici. Il suo rapido successo fu sancito in maniera inequivocabile dal disco The Freewheeling Bob Dylan, che solo in USA vendette più di un milione di copie. Ad un impegno in campo musicale Dylan unì l’interesse sempre maggiore per i problemi della società, in particolar modo verso gli emarginati, come dimostra la sua partecipazione nel marzo ’63 a Washington, dove suonò sul palco che di lì a pochi minuti avrebbe ospitato lo storico discorso di Martin Luther King e cambiato il destino dell’America nera. Pochi mesi dopo Dylan compose un’altra canzone simbolo, The Times They’re a-chancing, scritta in occasione della storica vittoria di J. F. Kennedy alle elezioni per la presidenza americana: quando quest’ultimo venne assassinato, il giovane Bob rimase disorientato e sconvolto insieme a tutto il mondo.
Tuttavia, già nel ’64 Dylan mostrò quella volontà di cambiare il proprio stile che lo spinse a seguire nuove strade e a scrivere nuove canzoni. Ciò si tradusse in testi più sofisticati, dove tutto veniva rielaborato e superato grazie all’immaginazione, che costruiva mondi in cui veniva sublimata quella realtà che lo stesso Dylan aveva tentato invano di cambiare in precedenza. Persino i critici erano stupefatti nel costatare come un ragazzo così giovane fosse al tempo stesso così poeticamente maturo. Alla variazione tematica si accompagnò in parallelo anche il cambiamento nella musica e nel modo in cui essa veniva espressa; Dylan sorprese tutti presentandosi sul palco con una rock band al seguito ed eseguendo brani in uno stile completamente diverso da quello usato in passato:
C’è la musica e ci sono le parole. Le parole non interferiscono con la musica: esse la puntualizzano. Sì, insomma, le danno uno scopo.”
L’album che ruppe definitivamente con il passato è Bringing It All Back Home, pubblicato nel ’65: il disco era composto da una parte acustica, che convinse positivamente il pubblico grazie anche a stupende canzoni visionarie quali Mr. Tambourine Man e Gates of Eden. La parte elettrica suscitò invece tutta quelle serie di critiche che poi culminarono con il fiasco al concerto di Newport.
Appena quattro giorni dopo quell’evento, Dylan si presentò in studio per registrare Positively Forth Street; ignorando le critiche ricevute anche da persone a lui vicine, il giovane cantautore portò avanti il progetto di profonda modifica della sua musica, aderendo sempre di più alla cultura rock: le dolci note della chitarra acustica furono sostituite in pianta stabile da melodie più complesse e particolari, dove però spiccava sempre l’aspro e inconfondibile suono dell’armonica, punto di incontro fra due mondi apparentemente molto distanti.
Nonostante tutte le critiche ricevute dai puristi del folk Dylan riesce, dopo un periodo incerto, a zittire tutte le critiche con il secondo disco elettrico, Highway 61 Revisited, considerato fra i migliori album di tutti i tempi dall’autorevole rivista “Rolling Stone”.

Lato A

Lato B


La canzone di apertura del disco è entrata nella storia della musica: Like a Rolling Stone è il perfetto esempio di allegra ballata dove ad una melodia orecchiabile è unito un testo di notevole bellezza e spessore poetico: il testo narra la storia di Miss Lonely, ragazza dei quartieri alti, precipitata in quella miseria che prima tanto deprecava, costretta ad una vita senza punti di riferimento proprio “come una pietra che rotola”. Molti hanno interpretato il testo della canzone come un vero e proprio sfogo di Dylan verso coloro che continuavano a criticarlo, mentre altri critici hanno spiegato che il testo non sancisce altro che il distacco definitivo di Dylan dal passato: a nostro modesto parere sono possibili molte interpretazioni, le quali però non sono sufficienti da sole per esplicitare e comprendere appieno il messaggio della canzone. Il disco prosegue con Tombstone Blues, canzone dall’atmosfera surrealista ispirata dai versi di Salvador Dalì; secondo il critico Bill Janovitz se quest’ultimo avesse imbracciato una chitarra elettrica avrebbe composto esattamente questa canzone. Fra le altre canzoni del lato A spicca Ballad of a Thin Man, uno dei brani più ermetici che Dylan abbia mai scritto: il testo parla di un certo Mr. Jones che entra in una stanza e intrattiene conversazioni assurde con i presenti. Il messaggio più evidente è che il cantautore abbia voluto criticare la mediocrità dell’uomo moderno, che passa tutto il tempo a fare domande agli altri senza mai ricercare la verità in sé stesso. L’alone di mistero misto al paradosso comunque rimane: quando Mogol, interessato a fare una traduzione italiana della canzone, chiese a Dylan delle delucidazioni sulla canzone quest’ultimo rispose stranamente: “Ah, quella? Non l’ho capita nemmeno io!”.
La canzone che da il titolo all’album è inserita nel lato B e si riferisce all’autostrada che corre lungo le sponde del Mississipi, dal Minnesota (luogo di nascita di Dylan) alla Louisiana. La canzone è un duro attacco alla società occidentale e spazia dal capitalismo e il consumo di massa (“Ho quaranta lacci per scarpe rossi bianchi e blu e mille telefoni che non suonano. Sai dirmi dove posso sbarazzarmi di 'sta roba?”) al dogmatismo religioso (“Dio disse ad Abramo -Sacrificami un figlio- Abramo rispose -Amico, mi prendi in giro?-”).
La canzone finale del disco, Desolation row, rappresenta l’apice visionario di Dylan che, attraverso 11 minuti di pura follia, salta da un argomento all’altro senza un apparente filo logico, attraversando alcune delle figure più rilevanti della letteratura e della storia, da Noé a Robin Hood, da T.S. Eliot al Gobbo di Notré-Dame. Sebbene non senza difficoltà, la canzone esplicita ciò che Dylan lasciava sottintendere nelle altre 8 canzoni: nessuno può essere sicuro delle proprie tradizioni, in quanto la realtà è un enorme caos che può coinvolgere chiunque, dalla persona altolocata (Miss Lonely) all’uomo più sprovveduto (Mr. Jones). In questa condizione non c’è niente di certo e nemmeno la religione può dare delle risposte: e se perfino Ofelia, Casanova o Einstein sono schiavi di tutto questo, allora la via della desolazione non è altro che la rappresentazione della nostra realtà.
Desolation row, unica canzone acustica dell’album, ebbe un impatto culturale così forte che nel 1974 Fabrizio De André, insieme al giovane Francesco De Gregori, ne effettuò una fedele traduzione nella sua canzone Via della povertà.





"The man of the blues"

Quando si parla di Eric Clapton si parla inevitabilmente di più di quarant’anni di storia della musica: per chi non lo sapesse infatti Mr. Clapton è considerato uno degli dei del blues, oltre che uno dei migliori chitarristi presenti in circolazione: sui muri della Londra anni ’70 era ben evidente la scritta “Clapton is God” in quanto per la gente era lui, prima di Jimi Hendrix, il miglior seicordista elettrico mai esistito: il suo stile era inconfondibile, basato su riff e assoli densi di melodia che avevano la caratteristica di non essere particolarmente veloci in un mondo,
quello appunto degli anni ’60 e ‘70, che stava invece sempre più accelerando.
Clapton inizia la sua attività musicale fondando nel 1963 (all’età di 17 anni) il gruppo Roosters, dove però resterà per molto poco; già nell’agosto dello stesso anno infatti si aggrega al gruppo The Yardbirds, storica rock band inglese, la quale ha visto passare fra la propria formazione nomi del calibro di Jeff Beck, Jimmy Page e appunto lo stesso Clapton; in questo periodo viene anche coniato il famoso soprannome “Slowhand”: il biografo ufficiale riporta che fu dato da un componente della band perché, quando Clapton era costretto a sostituire le corde della chitarra nel backstage, la folla aspettava trepidante scandendo il ritmo a suon di “slow hand claps”, cioè applausi lenti.
Nel ’65 lascia la band, con la quale non condivide lo stile, fondando nel ’66 con Jack Bruce e Ginger Baker lo storico gruppo dei Cream, che porterà il talento di Clapton definitivamente all’attenzione mondiale. Di tutte le canzoni scritte in questo periodo sicuramente Sunshine of your love merita un’attenzione maggiore.
Alla fine degli anni ’60 i Cream si sciolgono: Clapton, insieme all’amico Steve Winwood, fonda allora un altro supergruppo, i Blind Faith, che però durerà un solo disco. Da notare, durante questo periodo, la collaborazione di Clapton per il White Album dei Beatles (praticamente la Bibbia della musica), invitato dall’amico George Harrison a suonare l'assolo di chitarra in While my guitar gently weeps.
Gli anni ’70 vedono la nascita dei Derek and The Dominos, sempre con un Clapton in grande spolvero: anche questo gruppo pubblica però un solo album in collaborazione con la leggenda Duane Allman, Layla and Other Assorted Love Songs, dove è presente la celeberrima Layla; il motivo per cui è stata scritta questa canzone è curioso, in quanto George Harrison si innamorò della modella Pattie Boyd e la sposò dopo breve tempo; Clapton, dopo averla conosciuta, se ne innamorò perdutamente. Nel frattempo un suo amico, fresco di conversione all’Islam, gli raccontò una storia di Nezami in cui si narra di una principessa che è costretta dal padre a sposare un uomo diverso da colui che è innamorato di lei, che, venuto a sapere del matrimonio, finisce per impazzire. Clapton rivide in questa storia un po’ quella che era la sua situazione e scrisse appunto Layla.
Da segnalare il passaggio, proprio in questi anni, dalle chitarre Gibson alla Fender Stratocaster, che poi lo identificherà maggiormente: la sua Blackie, una Strat nera, lo accompagnerà in tutti i suoi concerti fino al 1985; sarà poi venduta in beneficenza agli inizi del nuovo millennio per una cifra intorno al milione di dollari, diventando di gran lunga la chitarra più costosa della storia.
Degli album da solista prodotti negli anni ’70 è necessario ricordare Eric Calpton (’70), 461 Ocean Boulevard (’74) e il magistrale Slowhand del ’77, dove sono presenti la leggendaria cover di Cocaine e la stupenda canzone d’amore (forse anch’essa dedicata alla Boyd) Wonderful Tonight.
In questi anni Clapton è agli apici della musica mondiale, ma sulla sua vita privata circolano voci, purtroppo vere, di un uso massiccio di alcol e di droghe pesanti. Questo problema diventerà insostenibile alla fine degli anni ’70 e lo accompagnerà per tutto il corso degli anni ’80, che vedono un Clapton appannato che non sembra, se non in sporadici momenti, essere più il “God” di una volta. Clapton però non si arrende, cerca di disintossicarsi e di rialzare la testa: gli album Behind the sun (’85), August (’86) e qualche premio vinto sembrano testimoniare il ritorno a pieno regime di “Slowhand” nel mondo della musica. Fra il 1988 e il 1990 effettua una serie di concerti maestosi con Elton John e l’amico Mark Knopfler; il peggio sembra ormai alle spalle, ma in realtà non è ancora finita, per niente: nell’agosto ’90, dopo aver disputato un sontuoso concerto con Buddy Guy (leggenda del blues) e Steve Ray Vaughan, proprio quest’ultimo è vittima di un incidente in elicottero che lo porterà alla morte insieme ad altre persone. Clapton, grande amico nonché ammiratore di Ray Vaughan, riceve un altro duro colpo dalla vita, che però non ha ancora finito di giocare con lui: il 20 marzo 1991 suo figlio Conor di appena 4 anni cade dal 53° piano di un grattacielo di New York, mentre si trovava in un appartamento di alcuni amici della madre, Lory Del Santo. Clapton, come prevedibile, è umanamente distrutto da questo avvenimento: si isola, si perdono per poco tempo le sue tracce e di lui non si ha più notizia. Non sappiamo cosa abbia fatto durante quei mesi, ma sappiamo come ne è uscito.

Windsor, 16 Gennaio 1992, studi di registrazione Mtv: Clapton accetta l’invito di partecipare ad un concerto unplugged, che all’epoca stavano riscuotendo sempre più successo: la formula era semplice ma efficace e prevedeva che gli strumenti impiegati fossero rigorosamente acustici. Per Clapton, oltre che la prima vera apparizione dopo il lutto, si trattava anche di una sfida in quanto il suo repertorio fin lì era stato quasi interamente elettrico: si presentò quindi con la sua formazione e con due chitarre economiche, una classica e l’altra folk. L’atmosfera era un po’ quella stile locale jazz americano anni ’60, con le luci basse e pareti in legno. Ne uscì un concerto di qualità eccelsa, dove furono riproposti alcuni evergreen di Clapton riscritti in chiave acustica (uno su tutti Layla, trasformata in una specie di swing melanconico) e canzoni nuove, come la struggente Tears in Heaven, dove Clapton immagina un dialogo fra sé e il figlio.

  1. Signe (Clapton)
  2. Hey Hey (Broonzy)
  3. Lonely Stranger (Clapton)
  4. Layla (Clapton/Gordon)
  5. Running on Faith ( Williams)
  6. Walkin' Blues (Johnson)
  7. Alberta (blues popolare)
  8. Malted Milk (Johnson)
  9. Old Love (Clapton/Cray)

Il disco inizia con Signe, pezzo interamente musicale, e continua con la successiva canzone (Before you accuse me), già interpretata in passato da Clapton in chiave elettrica. Hey Hey chiude idealmente la parte introduttiva del disco, che entra nel vivo con Tears in Heaven e con Lonely stranger: entrambi i pezzi viaggiano su un tono melanconico, dove regnano la solitudine e a volte la drammaticità.
Nobody knows you inizia una nuova parte del disco, quella dove la chitarra di Clapton inizia a farsi sentire maggiormente con assoli acustici deliziosi che vanno a impreziosire ancora di più canzoni come Layla e Running on Faith. Quest’ultima viene suonata in modo magistrale con la chitarra resofonica, che viene impiegata anche per Walkin’ Blues, mentre per Alberta Clapton imbraccia una chitarra a 12 corde.
Molto curiosa l’interpretazione della canzone San Francisco Bay Blues dove Clapton, “for the first and the last time” (parole sue), suona oltre alla chitarra anche il kazoo, piccolo membranofono tipico del blues, che viene fornito anche a tutti i membri della band: la canzone diventa così un momento di puro divertimento a suon di blues.
Malted Milk e Old Love non fanno altro che aggiungere espressione e carattere al disco, che termina con Clapton alla chitarra resofonica in Rollin’ and Tumblin’.
Per la cronaca, questo disco vinse ben 6 Grammy Awards (gli Oscar della musica), 3 dei quali se li aggiudicò il singolo Tears in Heaven.






Lo strano caso di Phineas Gage


Vermont, 13 settembre 1848. Il manovale venticinquenne Phineas Gage stava lavorando con delle cariche esplosive: il suo compito era quello di far saltare una parte di roccia montuosa per la costruzione di una delle prime reti ferroviarie degli Stati Uniti. L’operazione non venne però svolta in modo corretto e così, quando Gage inserì la carica nel terreno con l’aiuto di una pertica di ferro, la polvere da sparo esplose accidentalmente facendo schizzare la pertica, di circa tre centimetri di diametro, sul volto del malcapitato con un’energia tale da perforargli completamente la parte anteriore del cranio, entrando poco sotto lo zigomo sinistro, uscendo dalla parte superiore della testa e atterrando a più di 30 metri dal corpo del povero Phineas. Gli altri operai, che si avvicinarono intimoriti e incuriositi allo stesso tempo, trovarono la pertica macchiata di sangue e con dei pezzi di cervello ancora attaccati; non riuscirono poi a credere ai propri occhi quando videro Phineas Gage rialzarsi da terra appena pochi minuti dopo l’incidente. Il medico John Martin Harlow, arrivato sul luogo poco dopo l’incidente, riportò Gage a casa e rimosse i piccoli frammenti di ossa rimasti, fissando infine la ferita con delle semplici bende. L’infezione subita a seguito dell’incidente fece precipitare il manovale in uno stato semicomatoso, dal quale però si riprese poche settimane dopo, tornando apparentemente ad essere la solita persona di sempre. Gage non aveva subito menomazioni di tipo linguistico, logico-concettuale o mnemonico e sembrava quindi non avesse risentito della perdita di una parte del cervello. Nel novembre dello stesso anno il dottor Harlow scrisse un breve resoconto al Boston Medical and Surgical Journal, intitolato “Passage of an iron rod through the head”, dove ricostruiva la probabile dinamica dell’incidente e la terapia adottata per curare il paziente. Tutto sembrò tornato alla normalità ma il povero Phineas, oltre ad avere perso l’uso di un occhio e aver guadagnato delle evidenti cicatrici, mostrò fin da subito anche un carattere molto diverso rispetto al solito: era diventato stranamente scontroso, irascibile, capriccioso. La stessa moglie stentava a riconoscerlo con quel suo atteggiamento spiccatamente ribelle e irriverente, addirittura blasfemo. Il dottor Harlow forse intuì una possibile relazione fra l’incidente e questo cambio di personalità e studiò il caso fino al 1860, anno della morte di Gage. Sappiamo molto poco su cosa abbia fatto Phineas in questi dodici anni: forse fece il tassista nel New Hampshire, forse emigrò in Europa dove sembra fosse entrato a far parte di un circo. Comunque sia, il caso di Phineas Gage è passato alla storia perché ha permesso agli scienziati di intravedere e infine di scoprire una forte relazione fra la personalità di un individuo e il suo cervello; manomettendo una parte di quest’ultimo si poteva addirittura modificare strutturalmente il carattere della persona. Oggi questa questione può apparire scontata ai nostri occhi, ma non lo era al tempo di Gage, dove la medicina aveva ancora dei caratteri pseudoscientifici. Senza contare il fatto che Phineas ha trovato per la propria strada quella fortuna sfacciata che molti altri suoi colleghi non hanno avuto...
Immagine che ricostruisce l'incidente di Phineas Gage, realizzata nel 1994
dall'Università dell'Iowa

 


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