"The man of the blues"

Quando si parla di Eric Clapton si parla inevitabilmente di più di quarant’anni di storia della musica: per chi non lo sapesse infatti Mr. Clapton è considerato uno degli dei del blues, oltre che uno dei migliori chitarristi presenti in circolazione: sui muri della Londra anni ’70 era ben evidente la scritta “Clapton is God” in quanto per la gente era lui, prima di Jimi Hendrix, il miglior seicordista elettrico mai esistito: il suo stile era inconfondibile, basato su riff e assoli densi di melodia che avevano la caratteristica di non essere particolarmente veloci in un mondo,
quello appunto degli anni ’60 e ‘70, che stava invece sempre più accelerando.
Clapton inizia la sua attività musicale fondando nel 1963 (all’età di 17 anni) il gruppo Roosters, dove però resterà per molto poco; già nell’agosto dello stesso anno infatti si aggrega al gruppo The Yardbirds, storica rock band inglese, la quale ha visto passare fra la propria formazione nomi del calibro di Jeff Beck, Jimmy Page e appunto lo stesso Clapton; in questo periodo viene anche coniato il famoso soprannome “Slowhand”: il biografo ufficiale riporta che fu dato da un componente della band perché, quando Clapton era costretto a sostituire le corde della chitarra nel backstage, la folla aspettava trepidante scandendo il ritmo a suon di “slow hand claps”, cioè applausi lenti.
Nel ’65 lascia la band, con la quale non condivide lo stile, fondando nel ’66 con Jack Bruce e Ginger Baker lo storico gruppo dei Cream, che porterà il talento di Clapton definitivamente all’attenzione mondiale. Di tutte le canzoni scritte in questo periodo sicuramente Sunshine of your love merita un’attenzione maggiore.
Alla fine degli anni ’60 i Cream si sciolgono: Clapton, insieme all’amico Steve Winwood, fonda allora un altro supergruppo, i Blind Faith, che però durerà un solo disco. Da notare, durante questo periodo, la collaborazione di Clapton per il White Album dei Beatles (praticamente la Bibbia della musica), invitato dall’amico George Harrison a suonare l'assolo di chitarra in While my guitar gently weeps.
Gli anni ’70 vedono la nascita dei Derek and The Dominos, sempre con un Clapton in grande spolvero: anche questo gruppo pubblica però un solo album in collaborazione con la leggenda Duane Allman, Layla and Other Assorted Love Songs, dove è presente la celeberrima Layla; il motivo per cui è stata scritta questa canzone è curioso, in quanto George Harrison si innamorò della modella Pattie Boyd e la sposò dopo breve tempo; Clapton, dopo averla conosciuta, se ne innamorò perdutamente. Nel frattempo un suo amico, fresco di conversione all’Islam, gli raccontò una storia di Nezami in cui si narra di una principessa che è costretta dal padre a sposare un uomo diverso da colui che è innamorato di lei, che, venuto a sapere del matrimonio, finisce per impazzire. Clapton rivide in questa storia un po’ quella che era la sua situazione e scrisse appunto Layla.
Da segnalare il passaggio, proprio in questi anni, dalle chitarre Gibson alla Fender Stratocaster, che poi lo identificherà maggiormente: la sua Blackie, una Strat nera, lo accompagnerà in tutti i suoi concerti fino al 1985; sarà poi venduta in beneficenza agli inizi del nuovo millennio per una cifra intorno al milione di dollari, diventando di gran lunga la chitarra più costosa della storia.
Degli album da solista prodotti negli anni ’70 è necessario ricordare Eric Calpton (’70), 461 Ocean Boulevard (’74) e il magistrale Slowhand del ’77, dove sono presenti la leggendaria cover di Cocaine e la stupenda canzone d’amore (forse anch’essa dedicata alla Boyd) Wonderful Tonight.
In questi anni Clapton è agli apici della musica mondiale, ma sulla sua vita privata circolano voci, purtroppo vere, di un uso massiccio di alcol e di droghe pesanti. Questo problema diventerà insostenibile alla fine degli anni ’70 e lo accompagnerà per tutto il corso degli anni ’80, che vedono un Clapton appannato che non sembra, se non in sporadici momenti, essere più il “God” di una volta. Clapton però non si arrende, cerca di disintossicarsi e di rialzare la testa: gli album Behind the sun (’85), August (’86) e qualche premio vinto sembrano testimoniare il ritorno a pieno regime di “Slowhand” nel mondo della musica. Fra il 1988 e il 1990 effettua una serie di concerti maestosi con Elton John e l’amico Mark Knopfler; il peggio sembra ormai alle spalle, ma in realtà non è ancora finita, per niente: nell’agosto ’90, dopo aver disputato un sontuoso concerto con Buddy Guy (leggenda del blues) e Steve Ray Vaughan, proprio quest’ultimo è vittima di un incidente in elicottero che lo porterà alla morte insieme ad altre persone. Clapton, grande amico nonché ammiratore di Ray Vaughan, riceve un altro duro colpo dalla vita, che però non ha ancora finito di giocare con lui: il 20 marzo 1991 suo figlio Conor di appena 4 anni cade dal 53° piano di un grattacielo di New York, mentre si trovava in un appartamento di alcuni amici della madre, Lory Del Santo. Clapton, come prevedibile, è umanamente distrutto da questo avvenimento: si isola, si perdono per poco tempo le sue tracce e di lui non si ha più notizia. Non sappiamo cosa abbia fatto durante quei mesi, ma sappiamo come ne è uscito.

Windsor, 16 Gennaio 1992, studi di registrazione Mtv: Clapton accetta l’invito di partecipare ad un concerto unplugged, che all’epoca stavano riscuotendo sempre più successo: la formula era semplice ma efficace e prevedeva che gli strumenti impiegati fossero rigorosamente acustici. Per Clapton, oltre che la prima vera apparizione dopo il lutto, si trattava anche di una sfida in quanto il suo repertorio fin lì era stato quasi interamente elettrico: si presentò quindi con la sua formazione e con due chitarre economiche, una classica e l’altra folk. L’atmosfera era un po’ quella stile locale jazz americano anni ’60, con le luci basse e pareti in legno. Ne uscì un concerto di qualità eccelsa, dove furono riproposti alcuni evergreen di Clapton riscritti in chiave acustica (uno su tutti Layla, trasformata in una specie di swing melanconico) e canzoni nuove, come la struggente Tears in Heaven, dove Clapton immagina un dialogo fra sé e il figlio.

  1. Signe (Clapton)
  2. Hey Hey (Broonzy)
  3. Lonely Stranger (Clapton)
  4. Layla (Clapton/Gordon)
  5. Running on Faith ( Williams)
  6. Walkin' Blues (Johnson)
  7. Alberta (blues popolare)
  8. Malted Milk (Johnson)
  9. Old Love (Clapton/Cray)

Il disco inizia con Signe, pezzo interamente musicale, e continua con la successiva canzone (Before you accuse me), già interpretata in passato da Clapton in chiave elettrica. Hey Hey chiude idealmente la parte introduttiva del disco, che entra nel vivo con Tears in Heaven e con Lonely stranger: entrambi i pezzi viaggiano su un tono melanconico, dove regnano la solitudine e a volte la drammaticità.
Nobody knows you inizia una nuova parte del disco, quella dove la chitarra di Clapton inizia a farsi sentire maggiormente con assoli acustici deliziosi che vanno a impreziosire ancora di più canzoni come Layla e Running on Faith. Quest’ultima viene suonata in modo magistrale con la chitarra resofonica, che viene impiegata anche per Walkin’ Blues, mentre per Alberta Clapton imbraccia una chitarra a 12 corde.
Molto curiosa l’interpretazione della canzone San Francisco Bay Blues dove Clapton, “for the first and the last time” (parole sue), suona oltre alla chitarra anche il kazoo, piccolo membranofono tipico del blues, che viene fornito anche a tutti i membri della band: la canzone diventa così un momento di puro divertimento a suon di blues.
Malted Milk e Old Love non fanno altro che aggiungere espressione e carattere al disco, che termina con Clapton alla chitarra resofonica in Rollin’ and Tumblin’.
Per la cronaca, questo disco vinse ben 6 Grammy Awards (gli Oscar della musica), 3 dei quali se li aggiudicò il singolo Tears in Heaven.






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